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16.09.2020

Quest'articolo contiene un'analisi formulata sulla base di altri articoli di giornale che contengono informazioni non necessariamente sempre veritiere, in quanto non provenienti da fonti ufficiali. L'obiettivo di quest'articolo è nient'altro che cercare di formulare delle ipotesi riguardo quanto accaduto il 15 luglio al cooperante Onu Mario Paciolla e dare una cornice contestuale piu' ampia rispetto a quanto riportato finora dai giornali. 

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Il ruolo della missione Onu in Colombia è realmente quello di far rispettare i trattati di pace? L’ombra degli Stati Uniti sul caso di Mario Paciolla

Nella complicata situazione sociale colombiana, in cui episodi di violenza e omicidi di attivisti per i diritti umani si susseguono giorno dopo giorno, sono numerosi gli attori in gioco che lottano per il controllo del territorio: militari, paramilitari, narcotrafficanti, guerriglieri FARC. C’è però un protagonista meno in vista, che potrebbe star influendo in maniera determinante su quanto sta accadendo in questo momento sul territorio colombiano: gli Stati Uniti. Il recente arrivo di truppe americane in Colombia con il beneplacito del presidente Duque, giustificato con il solito paravento della lotta al narcotraffico, è un segnale che tende a confermare il forte interesse geopolitico ed economico nell’area. L’evento ha scatenato numerose proteste tra gli attivisti e l’opposizione di governo, che ha condannato l’episodio definendolo un’ulteriore violazione degli accordi di pace che contribuisce ad appesantire la già persistente atmosfera di violenza che regna nel Paese. Il fatto che gli Stati Uniti interferiscano a livello politico e sociale in Colombia non è nulla di nuovo: basta pensare all’appoggio statunitense al golpe militare del 1953 che ha portato al potere il dittatore Rojas Pinilla, al Piano Lazo antiinsurrezionalista del 1962, all’operazione Marquetalia del 1964 e al Piano Colombia del 2000 approvato dall’ex-presidente Clinton. Il denominatore comune di tutti questi interventi è l’invio di soldati statunitensi sul territorio, negli ultimi decenni eseguito per contrastare il narcotraffico nonostante sia stato dimostrato da innumerevoli report e analisi che la violenza repressiva e la militarizzazione del territorio non portano ad un decremento nella produzione di droga nel territorio colombiano, che infatti continua ad essere più fiorente che mai. L’attività statunitense di interferenza politica dopo la seconda guerra mondiale non si è limitata alla Colombia ma ha interessato anche la maggior parte degli altri stati sudamericani, il cui controllo era indispensabile sia per allontanare la minaccia comunista russa che per perseguire i propri interessi economici. Tale interferenza a livello strategico si è configurata attraverso il supporto di governi nazionalisti filoamericani e il sabotaggio di quelli democratici di sinistra, visti come pericolosi in quanto politicamente vicini alla Russia. Gli Stati Uniti hanno appoggiato, di conseguenza, numerosi golpe militari portati avanti dai vari movimenti nazionalisti delle rispettive nazioni sudamericane e hanno contribuito in modo determinante all’avvento di governi dittatoriali. E’ il caso del Brasile, in cui nel 1964 un colpo di stato supportato dagli Stati Uniti rovesciò il governo democratico presieduto dal presidente Goulart; nel 1971, il golpe in Bolivia di Banzer Suarez, sempre appoggiato degli Stati Uniti, rovesciò il governo presieduto dal presidente Juan José Torres; in Cile, nel 1973, la CIA ha aiutato il dittatore sanguinario Pinochet a salire al potere e a rovesciare il governo democratico di Allende; in Argentina, nel 1976, gli Stati Uniti hanno sostenuto un golpe che ha portato a destituire il governo democratico della presidentessa Peron e permesso al dittatore militare Videla di salire al potere. Simili dinamiche si sono presentate nel corso della storia anche in El Salvador, Nicaragua, Panama, Guatemala, Cuba, Uruguay, Repubblica Dominicana e più recentemente in Honduras e Venezuela. Come sostiene il noto linguista, filosofo e attivista americano Noam Chomsky, nel continente sudamericano gli Stati Uniti hanno rappresentato, e rappresentano tuttora, una costante minaccia per la democrazia. Chomsky afferma anche che, nel periodo in cui gli USA avevano il controllo sul Sud America, quell’area era diventata “il centro della tortura mondiale”.

Questa interferenza statunitense nei confronti dei governi delle nazioni sudamericane, a detta del giornalista ed economista Mark Weisbrot, continua tuttora con metodi e modalità che variano di nazione in nazione. Molte di queste operazioni di supporto ai golpe militari avvenuti in Sud America sono state svolte attraverso un lavoro di collaborazione tra la CIA e USAID, l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale, che, se in diversi casi ha portato avanti missioni umanitarie in diverse nazioni in via di sviluppo, in altri si è resa  responsabile di terribili crimini contro l’umanità. USAID e CIA hanno lavorato fianco a fianco nel corso dei decenni in Uruguay, Haiti, El Salvador, Guatemala, collaborando con i gruppi militari presenti sul territorio e perpetrando innumerevoli violenze ai danni dei civili, al fine di instaurare governi dittatoriali favorevoli agli Stati Uniti in termini sia di politiche economiche che di controllo sul territorio.

Cosa c’entra tutto questo con il caso di Mario Paciolla? Apparentemente nulla, se non fosse per il fatto che Christian Thompson, responsabile della sicurezza Onu in Colombia e personaggio chiave nel caso, proviene proprio da USAID-Colombia, organizzazione per cui ha lavorato fino al 2019 prima di essere impiegato nella missione Onu. Thompson, alla luce di questa sua recente esperienza lavorativa, potrebbe alimentare il sospetto di essere una figura vicina agli Stati Uniti e che il suo impegno nei confronti degli americani possa permanere anche adesso che è impiegato all’Onu. Al momento non c'è alcun elemento concreto che possa confermare questa ipotesi, ma i numerosi episodi di spionaggio e di infiltrazioni che si sono verificati all’interno delle suddette organizzazioni non dovrebbero essere dimenticati. Il reporter del New York Times Philip Shenon ha documentato infatti che la CIA aveva infiltrato l’Onu nelle operazioni in Iraq all’inizio degli anni ‘90 e l’ex-direttore di USAID John Gilligan ha dichiarato:

“Un tempo molti uffici dell’USAID erano infiltrati da cima a fondo con persone della CIA. L'idea era quella di piazzare agenti in ogni attività che avevamo all'estero: governativa, di volontariato, religiosa, di ogni tipo“.

 

Potrebbero quindi non essere del tutto infondati i timori di Paciolla, che nell’ultimo periodo aveva confidato alla sua ex-ragazza di essere sorvegliato proprio dalla CIA. In un passato non troppo lontano, gli statunitensi si sono resi infatti già protagonisti di spionaggio ai danni delle Nazioni Unite, contribuendo a far nascere una controversia internazionale.

L’attività di un personaggio come Christian Thompson, che ha svolto numerosi lavori non solo in ambito militare ma anche come direttore delle operazioni per multinazionali del settore estrattivo e minerario prima di lavorare per USAID e Onu, dovrebbe essere ispezionata da cima a fondo al fine di accertare il fatto che stia effettivamente svolgendo in Colombia un lavoro umanitario e che non sia stato inviato invece in quell’area per facilitare operazioni di controllo e militarizzazione del territorio da parte del governo colombiano con l’avallo degli Stati Uniti. I dubbi su Thompson si acuiscono ulteriormente alla luce dell’alterazione della scena del crimine nel caso Paciolla, effettuata tramite il prelievo non autorizzato del suo cellulare e del suo computer, che, a detta dello stesso Thompson, sono stati poi smaltiti in una discarica e non risultano più recuperabili. Da sottolineare anche il fatto che Paciolla, operatore esperto dalla lunga e rilevante esperienza internazionale in organizzazioni umanitarie, aveva anche confidato alla sua ex-ragazza, negli ultimi giorni prima della sua morte, di “non fidarsi più di Thompson”.

 

 

Gli interessi americani in Colombia

Uno dei principali ostacoli agli interessi economici americani in Colombia è rappresentato dalla presenza della guerriglia FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) sul territorio. Il contrasto delle FARC colombiane da parte degli americani prosegue sin dalla nascita del gruppo guerrigliero, avvenuta nel 1964 in seguito all’operazione militare Marquetalia, condotta dal governo colombiano con il supporto degli Stati Uniti per reprimere le organizzazioni agrarie contadine presenti sul territorio. Un rapporto stilato dalla CIA nel 1994 afferma:

 

”L'intelligence ha verificato che l'approccio controinsurrezionalista di Gaviria (presidente colombiano dal 1990 al 1994) ha inviato un chiaro messaggio di ordine pubblico e ha rassicurato le aziende statunitensi interessate a continui investimenti in Colombia”. Il rapporto sottolinea che “la capacità dei guerriglieri di colpire obiettivi militari ed economici in regioni remote e di seminare paura attraverso assassinii e bombardamenti nelle città mina la fiducia popolare nel governo e fra gli investitori stranieri” ed evidenzia la necessità per l'amministrazione Gaviria di “aumentare le truppe nelle regioni produttrici di petrolio in modo da garantire la fiducia degli investitori”. Inoltre afferma che “se una nuova amministrazione si concentra su trattative estese con i guerriglieri e non riesce ad aumentare la presenza militare nelle regioni petrolifere, è probabile che gli investitori si trattengano da nuove iniziative”.


Il recente dispiegamento di truppe americane sul territorio lascia presumere che da allora l’agenda politica statunitense sia rimasta pressappoco la stessa: i guerriglieri FARC sono d'altronde ancora presenti in numerose aree ad elevato interesse economico e rappresentano tuttora un ostacolo per gli investimenti americani e per le multinazionali. Al fine di realizzare questi interessi economici, si ipotizza quindi che gli Stati Uniti stiano proseguendo, in maniera coerente con il passato, le loro operazioni di supporto delle azioni militari repressive operate dal governo colombiano per assicurarsi il controllo geopolitico dell’area. Da sottolineare infatti come il presidente Duque ha ben gradito l’arrivo dei militari statunitensi sul territorio e lo ha difeso dalle critiche dell’opposizione e degli attivisti per i diritti umani.

 

 

Il ruolo opaco della missione Onu in Colombia

Stando alle parole di Paciolla, l’atteggiamento della missione Onu in Colombia sarebbe stato molto indulgente nei confronti del governo, nonché, stando a quanto riporta un articolo di El Espectador, passivo nei confronti di episodi come i bombardamenti delle forze armate contro i civili. Paciolla ha inoltre individuato, nel corso del suo lavoro, relazioni opache tra i suoi superiori della missione Onu e le forze militari colombiane, nonché dichiarato di sentirsi “sporco” per quel che stava facendo.

Unendo i vari elementi, si annida l’ipotesi che gli accordi di pace e anche l’operato della missione Onu in Colombia potrebbero nascondere non una benevola intenzione di costruire una situazione di stabilità e di pace nel territorio colombiano, bensì un subdolo tentativo di far allontanare le FARC dalle aree ad alto interesse economico, così da spianare il terreno alle multinazionali. Le recenti violenze a Bogotà sono soltanto uno dei tanti segnali di scarsa volontà da parte del governo Duque nel contribuire a creare un clima pacifico all'interno del Paese. L’assenza di critiche agli episodi di violenza nel territorio colombiano da parte di Trump sono foriere di un silenzioso appoggio all'operato del governo e la più che probabile presenza nella missione Onu Colombia di personalità vicine alle forze militari governative alimentano dubbi sull’operato da essa svolto, che già più di una volta è stato criticato dallo stesso Paciolla. All’interno della missione Onu Colombia è da individuare, ciò nonostante, anche la presenza di un filone che è in antitesi all'operato di governo. Questo è testimoniato dall’episodio di cui si è reso protagonista Raul Rosende, direttore dell'area di Verifica della Missione che, secondo un recente articolo di Claudia Julieta Duque per El Espectador, si sarebbe di fatto contrapposto al governo facendo filtrare un rapporto scritto da Paciolla riguardante l’omicidio di 18 minorenni FARC disarmati da parte delle forze armate governative al senatore dell’opposizione Barreras, che lo ha poi utilizzato come arma politica per far dimettere l’allora ministro della difesa Botero. L’articolo di El Espectador riporta anche il fatto che diverse personalità della missione Onu in Colombia hanno esultato in seguito alla caduta di Botero. Rosende aveva però nascosto il leak al capo della Missione Ruiz Massieu, proprio per la presunta vicinanza di quest'ultimo al governo Duque.

Gli episodi di opacità che si sono verificati in Onu, USAID e CIA, l'agenda politica degli Stati Uniti tendente al controllo del territorio sudamericano e il ripetuto condurre operazioni di spionaggio e infiltrazioni da parte della sua intelligence rendono necessario un approfondimento al fine di chiarire questi dubbi. Siamo sicuri che Christian Thompson stia contribuendo alla missione di pace in Colombia e non sia invece un personaggio al servizio degli Stati Uniti? Siamo sicuri che la missione Onu in Colombia si stia impegnando attivamente per contenere la violenza operata dal governo Duque e per far rispettare i trattati di pace e non stia invece denunciando solo formalmente il suo operato? L’imparzialità della missione Onu è messa in discussione non soltanto dalla presenza di Thompson ma anche da quella di Carlos Reyes, ex-capitano della marina militare attualmente impiegato presso lOnu, che si è scoperto essere molto vicino alle forze armate colombiane. L’Italia dovrebbe pretendere inoltre di sapere come l’Onu gestisce i soldi che gli si inviano (si stima che l’Italia versi all’Onu circa 700 milioni di euro l’anno), specialmente in relazione alla missione Onu in Colombia in cui un suo cooperante è stato ucciso in un’atmosfera di omertà e assenza di collaborazione nelle indagini da parte dell’organizzazione. Un resoconto esaustivo, trasparente e dettagliato è necessario anche alla luce del fatto che l’Onu si è resa in passato più volte protagonista di gravissimi episodi di corruzione. L’episodio più altisonante è quello rappresentato dallo scandalo relativo al programma Oil for Food durato otto anni (dal 1995 al 2003), in cui il capo della Missione Benon Sevan ha ricevuto tangenti direttamente dal dittatore iracheno Saddam Hussein in cambio di un alleggerimento sui controlli dei suoi traffici di petrolio, di cui la missione Onu era responsabile.

 

 

L’inquietudine di Paciolla

In data 10 luglio, a seguito di una discussione accesa con i suoi capi, Paciolla è diventato inquieto e ha iniziato a temere per la sua incolumità. Da allora ha iniziato a chiamare i suoi genitori ogni giorno, mentre prima di allora li contattava soltanto in maniera sporadica. Ancora non abbiamo certezze riguardo l’accaduto, ma sono in molti a concordare che Paciolla fosse rimasto shockato per qualcosa che aveva visto o capito quel giorno. Questa ipotesi è rafforzata dal fatto che in data 7 luglio, a detta di un suo amico, Paciolla era invece tranquillissimo. Il 10 luglio si configura quindi come il giorno chiave, in cui qualcosa di grave deve essere quasi sicuramente accaduto. Paciolla potrebbe aver ricevuto un ordine dai suoi superiori che non ha voluto eseguire per questioni etiche e morali, dal quale avrebbe avuto la prova definitiva di trovarsi in una situazione opaca e corrotta nonché di essere in Colombia non in qualità di operatore di pace, bensì di pedina utilizzata per fini economici e politici. Stando ad un recente reportage sul luogo, Paciolla aveva un appuntamento con una sua amica attivista il 14 luglio al fine di voler discutere una questione personale. C’è da presumere che volesse proprio confrontarsi su quanto accaduto il 10 luglio con i suoi superiori e che, alla fine, abbia deciso di non presentarsi all’appuntamento ritenendo probabilmente opportuno non coinvolgere anche lei nella vicenda. Inoltre, i tentativi di riportare in Italia la sua ex-fidanzata, implorandola di seguirlo, potrebbero nascondere un tentativo di protezione di Paciolla nei suoi confronti per qualcosa che aveva scoperto e che ha preferito non rivelare apertamente per non mettere in difficoltà anche lei, avendo il forte sospetto che il suo computer fosse controllato.

Se Paciolla fosse riuscito a tornare in Italia, avrebbe forse potuto rivelare pubblicamente qualcosa di scottante e torbido, essendo entrato a contatto personalmente con dati sensibili in una situazione ad alta corruzione e dai molteplici interessi in gioco. Il suo omicidio potrebbe avere quindi un duplice fine: da un lato quello di impedirgli di parlare riguardo gli eventi del 10 luglio, dall’altro quello di dare la punizione perfetta al filone della missione Onu in opposizione al governo per avere interferito in passato nella politica interna colombiana, causando le dimissioni dell'ex-ministro della Difesa.

Carlo di Gaeta

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